Il mondo della cultura non può affondare: servono reddito e diritti
Stefania Brai*
Il ministro Franceschini ha colpito ancora. Il ministro “che tanto ha fatto per la cultura”, l’artefice della peggiore riforma dei beni culturali e del cinema, il ministro “che tanto ha fatto” per la mercificazione della produzione artistica e del patrimonio culturale, non ha smentito se stesso. Con il nuovo Dpcm ancora una volta hanno vinto i grandi interessi, ancora una volta ha vinto il mercato, ancora una volta pagano i lavoratori. E ancora una volta paga la cultura.
Il calcio può proseguire, i luoghi di lavoro continuano ad essere focolai di contagio, i lavoratori possono continuare ad ammassarsi sui treni dei pendolari e sui mezzi pubblici, ma si chiudono indiscriminatamente i luoghi della cultura. Unici luoghi di possibili relazioni sociali che sono riusciti a garantire la salute dei cittadini.
Ma per questo governo e per questo ministro la cultura non è strumento di crescita collettiva ma “tempo libero”; i beni culturali e la produzione artistica non sono strumenti di conoscenza, di formazione di consapevolezza critica individuale e collettiva, ma equivalgono alla “movida” e all’aperitivo delle sette.
Per questo governo e per questo ministro la cultura non è un diritto, come sancito dalla costituzione, i lavoratori dei beni e della produzione artistica e culturale non sono “lavoratori”. Di fronte alla drammatica emergenza Covid si sono sostenute le grandi imprese mentre i lavoratori non hanno ancora percepito nulla di quanto promesso.
Rifondazione comunista è a fianco degli artisti, degli autori, degli operatori culturali e di tutti i lavoratori della cultura che in questi giorni stanno protestando per la chiusura di teatri, sale di concerto, sale cinematografiche.
Contro ogni politica di “bonus” e di “una tantum”, Rifondazione comunista chiede che sia garantito un reddito di base per tutte e tutti coloro che non hanno reddito o con un reddito insufficiente per vivere. Chiede che sia garantito un sostegno strutturale a tutte le imprese indipendenti di produzione e fruizione culturale.
Rifondazione comunista chiede che si esca da questa drammatica crisi riconoscendo finalmente tutti i diritti dei lavoratori dei beni e della produzione culturale: rispetto del contratto nazionale, ammortizzatori sociali, malattie professionali, infortuni sul lavoro, maternità, diritto alla pensione. Che si metta fine alle false partite iva che costringono artisti e lavoratori della cultura ad essere imprenditori di se stessi. E perché sia riconosciuto il carattere “intermittente” del lavoro culturale: il lavoro apparentemente “sommerso” è in realtà lavoro a tutti gli effetti e come tale deve essere remunerato e tutelato.
Pubblicato su Il Manifesto
* responsabile nazionale cultura del Partito della Rifondazione comunista/Sinistra europea